Influenza

Monday, July 28, 2008

Ministero della Salute: mai due vaccini antinfluenzali insieme

La somministrazione di due dosi di vaccino antinfluenzale insieme va evitata assolutamente. Lo ribadisce il Ministero della salute in una nota diffusa alla stampa dopo la segnalazione di somministrazioni non corrette avvenute sul territorio nazionale.

Si legge nel comunicato del Ministero: "In seguito alle segnalazioni giunte al Ministero della Salute che riferiscono circa la programmazione di appuntamenti, presso ASL e Medici di Medicina Generale, sulla somministrazione di “dosi di richiamo per la vaccinazione antinfluenzale (corrente stagione 2005-2006)”, ovvero della somministrazione di due dosi di vaccino nella stessa seduta, “giustificate” da un “carente stato di salute del soggetto”, il Ministero ha inviato una circolare agli Assessorati regionali alla Sanità precisando che la somministrazione di eventuali dosi di richiamo dei vaccini dovrebbe essere effettuata in base a specifiche schedule e mai nella stessa seduta vaccinale.

Si ribadisce, inoltre, che un’adeguata e protettiva copertura anticorpale è garantita dalla somministrazione di una singola dose di vaccino antinfluenzale, come peraltro previsto nella Circolare Ministeriale n° 1 del 5 agosto 2005, “Prevenzione e Controllo dell’influenza: raccomandazioni per la stagione 2005-2006”. La circolare, che invita gli Assessorati ad informare le ASL e i Medici di famiglia, richiama l’attenzione, infine, sull’importanza del rispetto di tali indicazioni anche alla luce della aumentata adesione alla campagna di vaccinazione corrente che, qualora non fosse condotta in modo appropriato, potrebbe creare una carenza nell’offerta della stessa per le categorie cui è prioritariamente indirizzata.

Ministero della Salute: mai due vaccini antinfluenzali insieme

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Sunday, July 13, 2008

Personale sanitario USA e vaccino antinfluenzale

Negli Stati Uniti sembra difficile procurarsi il vaccino antinfluenzale non solo per i comuni mortali, ma anche per una buona fetta degli operatori del settore medico. Secondo una ricerca condotta unitariamente dalla University of California di Los Angeles e dall'Harvard University e pubblicata sul Journal of General Internal Medicine, il tasso di vaccinazione tra i professionisti sanitari statunitensi è molto basso.

Per portare a termine questa indagine sono stati analizzati i dati del 2000 National Health Interview Survey riguardanti le vaccinazioni antinfluenzali nei precedenti 12 mesi. Nell’analisi finale sono stati presi in considerazione 1652 operatori sanitari. Di questi solo il 38 per cento si era sottoposto alla vaccinazione. Queste persone, quindi, rischiano più delle altre di contrarre l’influenza al lavoro e di trasmetterla ai pazienti, ricoverati magari per una gamba rotta.

Il tasso più basso è stato riscontrato soprattutto tra il personale paramedico, tra i membri di minoranze etniche, tra gli under 50 e tra i meno abbienti. Le persone che lavorano a stretto contatto con i malati dovrebbero avere un accesso facilitato ad alcuni farmaci, nell’ottica soprattutto di non diventare loro stessi trasportatori di virus. E a quelli per i quali per motivi economici o culturali è più difficile l’accesso a questo tipo di farmaci dovrebbe essere prestata maggior attenzione.

Personale sanitario USA e vaccino antinfluenzale

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Saturday, July 5, 2008

Raffreddore e influenza nei bambini: come affrontarli

Autunno. Primi starnuti e qualche linea di febbre. Sono i sintomi che annunciano l’arrivo dei virus influenzali e para-influenzali. Abbastanza comuni e banali se colpiscono gli adulti, ma che diventano fonte d’ansia se a starnutire ed a rabbrividire sono i bambini.
Come sarà la stagione che sta per cominciare?

“Per quanto riguarda la cosiddetta influenza stagionale", dice il professor Pasquale Di Pietro, presidente della Società Italiana di Pediatria, "non sono ancora comparsi significativi cambiamenti riguardanti il virus che la caratterizza. L’entità di un’epidemia influenzale è legata alle variazioni degli antigeni del virus. Tanto più il virus varia, tanto più il fisico è esposto all’infezione. Lo scorso anno il picco dell’infezione si verificò tardi, a febbraio, perché il virus non mutò molto. Se in questa stagione il virus mostrerà forti mutazioni antigeniche, il picco potrebbe essere precoce, addirittura a dicembre”.

"Con la ripresa della scuola e delle attività sportive", prosegue il professor Di Pietro, "per i bambini si moltiplicano le occasioni di contatto e trasmissione dei virus influenzali e para-influenzali. Febbre, inappetenza, rifiuto del biberon per i più piccoli, naso chiuso, irritabilità; sono questi i sintomi cui prestare attenzione”. Attenzione che deve essere particolare se a star male sono i bambini di età compresa da zero a due anni. “ È questa la fascia di età in cui il sistema immunitario non è ancora completamente formato", aggiunge il professor Ignazio Barberi. "In caso di raffreddore o febbre di un familiare, il bambino da zero a due anni deve essere tenuto quanto più possibile isolato, proprio perché non è in grado di rispondere all’attacco del virus come un bambino in età scolare. Inoltre in questa fascia d’età al raffreddore e alla febbre si accompagnano spesso infezioni che colpiscono il condotto uditivo e che provocano al bambino fastidio e dolore: ciò avviene perché l’anatomia dell’orecchio dei bimbi tra zero e due anni è differente da quella dell’adulto, e favorisce il ristagno di secrezioni”.

“In caso di epidemia influenzale stagionale", dice il professor Di Pietro, "la cura consiste essenzialmente in riposo, ambiente caldo, alimentazione leggera ma ricca di vitamine. Quando la febbre supera i 38-38,5° bisogna somministrare un antipiretico, come ad esempio il paracetamolo. L’antibiotico va somministrato solo in caso di complicanze batteriche e su indicazione del pediatra di famiglia, che sarà in grado di valutare anche altre situazioni di particolare attenzione”.

Conclude il professor Di Pietro: “La febbre, troppo spesso, scatena l’ansia dei genitori che affollano i Pronto Soccorso degli ospedali, soprattutto di quelli pediatrici. Un’ansia che può essere placata mantenendo un filo diretto e costante con il pediatra di famiglia, depositario della storia clinica del bambino”.

Raffreddore e influenza nei bambini: come affrontarli

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Thursday, July 3, 2008

Influenza: vaccinarsi serve davvero a qualcosa?

Ogni anno nell'imminenza dell'inverno inizia su giornali, tv, internet e radio il tam-tam sull'influenza stagionale e si moltiplicano gli appelli pro-vaccinazione. E ogni anno ci si ritrova a pensare che - vaccino o non vaccino - milioni di persone si sono ritrovate a letto con febbre, mal di gola, tosse, dolori ossei, sintomi gastro-intestinali. Cosa c'è sotto? Vaccinarsi contro l'influenza serve davvero a qualcosa?

Gli sforzi ingenti compiuti da ricercatori, industria e autorità sanitarie per mettere a punto, produrre e somministrare a segmenti della popolazione considerati ‘a rischio’ vaccini specifici per i ceppi influenzali annuali sono utili e giustificati? Se lo domanda anche un editoriale pubblicato dal prestigioso British Medical Journal.

Tom Jefferson, epidemiologo del Cochrane Vaccines Field, spiega: “Tra la politica vaccinale messa in campo e gli effetti misurabili sperimentalmente di questa strategia di prevenzione c'è una bella differenza. Le ragioni di questo gap sono poco chiare e di molto complessa interpretazione. Il punto-chiave è la potenziale confusione tra influenza e sindromi para-influenzali. Specialmente durante i periodi dell’anno di massima diffusione dei virus influenzali, ogni patologia con sintomi in qualche modo riconducibili all’influenza viene considerata tale. Questa confusione porta ad una enorme sovrastima dell’impatto delle epidemie influenzali, aspettative irrealistiche sulle performance dei vaccini e incertezze sulla nostra attuale capacità di predire circolazione e diffusione dei virus influenzali”.

Le autorità sanitarie mondiali tendono a raccomandare la somministrazione di vaccini a base di virus influenzali inattivati: se però si analizzano i dati raccolti in decenni di politica vaccinale, si scopre che i vaccini inattivati hanno fornito performance di bassissima qualità, e comunque valutare il loro effetto sulle epidemie influenzali stagionali è difficilissimo, a causa dei vizi metodologici degli studi scientifici sull’argomento.

Perché allora ogni anno autorevoli infettivologi comunicano al pubblico certezze che non esistono? Conflitti d’interesse? Ottimismo irriducibile? Quali che siano le ragioni, occorrono ricerche meglio strutturate e dati più precisi per poter davvero impostare una politica vaccinale di una qualche sicurezza ed efficacia.

Influenza: vaccinarsi serve davvero a qualcosa?

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